21 gennaio 2021
Il “Progetto Ventotene per il recupero del Carcere di Santo Stefano”: un documento strategico che va ben oltre i suoi già importanti contenuti per venire a costituire un raro caso di rigenerazione urbana e ambientale in un panorama nazionale in cui simili esperienze purtroppo scarseggiano ancora. Un intervento, peraltro, già finanziato dal CIPE fin dal maggio 2016 per ben 70 milioni di euro.
Raro, anzi, unico nel panorama europeo, è ancor più il contesto del “Progetto” medesimo per la molteplicità del profilo; storico-geografico innanzitutto: due isole, una – Santo Stefano – colonia penale borbonica destinata agli ergastolani poi rimasta attiva fino agli anni sessanta, l’altra, Ventotene, confino per dissidenti nel periodo fascista (da Sandro Pertini, a Ernesto Rossi, ad Altiero Spinelli) ma già, ben prima, aureo esilio nell’antica Roma (a partire da Giulia, congiurante contro il padre Ottaviano Augusto); architettonico-monumentale poi: il carcere ripropone l’impianto panottico del Teatro San Carlo di Napoli, dove però il palcoscenico diviene torretta di controllo e le celle ripropongono i loggioni; ambientale infine: le due isole, risultato di due eruzioni vulcaniche avvenute in rapida successione, rientrano infatti nei confini di una riserva sia marina, dai profondi fondali popolati da numerose specie ittiche, che terrestre, luogo di passo e di sosta degli uccelli migratori.
È stato presentato lo scorso 18 dicembre, alla presenza di Dario Franceschini, Ministro per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo, da Silvia Costa dal gennaio 2020 Commissario Straordinario del Governo per il recupero e la valorizzazione dell’ex Carcere Borbonico di Santo Stefano-Ventotene. Dopo un anno di intenso lavoro del Commissario e del suo staff si è già di fronte ad un atto di vero e proprio avvio delle varie attività che porteranno alla definitiva realizzazione del progetto lungo un percorso che si completerà a inizio 2026. Un avvio atteso da lungo tempo, quanto meno dagli inizi degli anni 2000, quando vi si è cominciò a porre mano, seppur con alterne vicende.
Diritti umani, storia, mediterraneo: sono i tre principi ispiratori dell’attuale progetto integrato Santo Stefano-Ventotene che prefigura la realizzazione, tra memoria e visione, di un luogo altamente simbolico sia dei valori dell’Europa – la costituzione, la redenzione, la libertà – che del futuro del Mediterraneo come patrimonio culturale: insularità, ambiente, clima, sostenibilità e innovazione.
Un polo di produzione e attrattività turistica, culturale ed educativa; un luogo di studi europei; un centro per buone pratiche di sostenibilità insulare; peraltro, con molteplici nuove funzioni.
Iniziative incentrate sul carcere: museo, installazioni artistiche e percorsi naturalistici; attività da promuovere in partenariato: ricerca, studi europei, eventi e produzioni culturali, residenze artistiche e convegni; attività da affidare ad altri soggetti: alta formazione, residenze associative e giovanili, convegni, spettacoli, eventi, location; servizi dedicati: navetta, accoglienza, catering, accompagnamento, libreria, digitale.
Nel documento strategico trova spazio anche un focus mediterraneo, un progetto pilota di un modello di isola ecologica, inclusiva, resiliente (e rigenerata!) che a partire dalle isole ponziane coinvolga prima l’intero arcipelago campano e poi il sistema di isole minori del mediterraneo.
Tutte attività, queste, che vengono a riguardare principalmente Santo Stefano, ma anche Ventotene dove gli attesi importanti volumi di visitatori e frequentatori potrebbero determinare significativi effetti sulla già esistente offerta culturale e turistica dell’isola con i conseguenti impatti positivi su servizi e occupazione: una scommessa da fondare sulla qualità delle professioni già esistenti e di tutte quelle nuove – numerose – da formare.
Un progetto, quindi, che richiede massicci interventi sia sull’isola di Santo Stefano totalmente abbandonata, a partire dal carcere, sia su quella di Ventotene dove potenziare soprattutto infrastrutture, ospitalità, formazione. Un quadro di azioni imponente ma finalmente possibile: lo sbarco alla madonnetta da trasformare in approdo, la salita come porta di accesso, il carcere come museo ed itinerario storico; e poi: la casa del direttore, gli edifici lungo la via giulia, la lavanderia, gli spogliatoi, tutti luoghi da adibire a residenze, laboratori e spazi espositivi; il forno, da trasformare in ristorante e caffetteria.
Un insieme di iniziative a cui affiancare la riqualificazione degli spazi: la piazza, il giardino, i percorsi pedonali panoramici, il campo di calcio, il cimitero, le aree naturali demaniali.
Finalmente un intervento di rigenerazione che associa simboli positivi (l’idea di Europa, lo spazio Mediterraneo) e negativi (il carcere, il confino) riconvertendo un luogo di reclusione e di isolamento in una sede centro culturale e di alta formazione.
Come si scriveva, una buona pratica di rigenerazione urbana e ambientale. Nel progetto, infatti, oltre alle operazioni di recupero e restauro, di riqualificazione strutturale, architettonico, monumentale, paesaggistica e ambientale, si ritrova una rilettura dei manufatti e degli spazi, da decenni abbandonati a se stessi, mirata a nuove funzioni a cui predisporli: quelle museali, convegnistiche e naturali integrate dal residenziale, a cui si aggiungono quelle anche quelle di alta formazione, sui diritti, sulle istituzioni, sul mediterraneo.
Un approccio che quindi prefigura non solo una nuova vita per il carcere e l’isola, ma anche una nuova linea di attività – rigenerativa anche nel suo “riscatto” – che affiancando turismo e cultura, prefigura per l’isola di Santo Stefano, ma ancor più per quella di Ventotene nuove forme di economia e società, di ricchezza e di lavoro, di qualità urbana e ambientale.
Non è un caso che il “Progetto” stesso anche quest’ultima – Ventotene – fa riferimento, e in via tutt’altro che residuale, lì dove vi prevede interventi mirati al miglioramento della qualità dell’abitare, dei servizi, dell’offerta turistica, ricettiva e infrastrutturale (il porto commerciale, il porto romano, i collegamenti con la terra ferma, la rete viaria, l’energia).
Interventi a cui necessariamente aggiungere – ma non è compito del “Progetto” – un piano di messa in sicurezza idrogeologica dell’isola, a partire dai suoi versanti perimetrali, così da restituire alla fruibilità ampi e importanti spazi dell’isola tuttora doverosamente vincolati: chi scrive ne è personalmente consapevole per le decisioni che in passato ha assunto su tale questione.
Il crono programma che conclude la presentazione evidenzia come da inizio 2021 si avviino non tanto e non solo le operazioni di puntuale somma urgenza, quanto e soprattutto, la gara per la messa in sicurezza e il restauro conservativo dell’intero complesso e, con riferimento allo studio di fattibilità affidato a Invitalia, il concorso internazionale di progettazione dell’intero complesso carcerario e del paesaggio di proprietà demaniale; non ultima la progettazione dell’approdo: un’opera ingegneristicamente ardua e ambientalmente delicata per la quale non vanno escluse soluzioni originali se non avveniristiche.
Il 2021 rappresenta l’avvio di un itinerario che prevede le sue prime conclusioni nel maggio 2023, data da quando si prevede l’avvio delle attività culturali e dei servizi al pubblico. Sempre nel 2023 si avvia il restauro, allestimento e riuso del panottico che, completato nel 2026, consentirà di estendere a questi manufatti tutte le attività già precedentemente avviate ampliandole con altre ancora.
Non va infatti dimenticato che l’obiettivo ultimo che non è tanto e solo quello di riqualificare spazi e volumi di per se, ma di farlo per dar loro nuova vita tramite attività qualificate e innovative.
Per far questo non è necessario però attendere il 2023 né tanto meno il 2026; le attività richiedono infatti una progettazione pubblica delle strategie con il coinvolgimento tanto dei soggetti locali quanto di quelli di prossimità (le isole dell’arcipelago, i centri urbani della terraferma, Formia e Gaeta), un master plan e business plan con una valutazione della sostenibilità in fase di avvio e di gestione ordinaria, infine: il reperimento di investimenti pubblici e soprattutto privati a loro sostegno.
Un approccio, questo stesso, che richiede tempo affinché si consolidi; è pertanto utile che la promozione e attivazione di queste stesse attività cominci e maturi da subito, magari beneficiando di spazi e volumi che le ospitino temporaneamente fintanto che il “Progetto” non si realizzi; l’isola di Ventotene è certamente già in grado di offrirli.
Di questa seconda strategia una parte importante, come già sottolineato nel “Progetto” è affidata alla formazione, cosicché ci si domanda: quanto le università sono in grado di contribuire insediandovi in forma permanente istituti, corsi, laboratori? Quanto altri autorevoli soggetti si possono impegnare a portare stabilmente sull’isola corsi residenziali di alta formazione professionale e manageriale? Quanto la rigenerazione urbana e la sua dovuta collocazione nei processi di sostenibilità può essere una componente importante in questi percorsi formativi?
Più in generale: quanto Ventotene e Santo Stefano possono divenire luoghi in cui vivere e produrre quanto meno in alcuni periodi dell’anno invece di transitarvi e sostarvi temporaneamente?
Progettazione e tempestivo avvio delle nuove attività, massima immediata attenzione alla formazione: sono le due sottolineature che in estrema sintesi si ritiene di prospettare per dare ulteriore efficacia ad un “Progetto” che lo è già di per se.